Shojo manga significa letteralmente fumetto per ragazze, con questo
nome si indicano i manga a sfondo sentimentale, le cui storie sono
rivolte solitamente appunto alle ragazze. Nasce in Giappone nel primo
dopoguerra, periodo in cui la figura femminile inizia a liberarsi
da molti stereotipi che l'avevano fino ad ora relegata a ruoli inferiori
rispetto agli uomini, e si identifica in un'immagine piu' indipendente.
Solo nei primi anni sessanta si trovano le prime donne che lavorano
in questo settore e producono unicamente shojo; il romanticismo diviene
un caposaldo della narrazione, le relazioni interpersonali prendono
il sopravvento sull'azione, le storie iniziano ad essere piu' riflessive
e spesso piu' veritiere: molte di queste sono state vere denunce sociali.
All'inizio il genere si divide in due filoni: quello a sfondo scolastico
e quello a sfondo familiare, poi nascono le altre correnti: a sfondo
storico, sportivo, horror, avventuroso, fantasy e di ambientazione
occidentale. Il genere raggiungerà il suo massimo splendore negli
anni settanta.
""...Anche nel manga, come in ogni forma narrativa, la
credibilità ha le sue regole, seppure relative ad un genere in cui
domina spesso l'elemento fantastico, che vanno rispettate.
Solo il manga per ragazze rifiuta di farlo. Il principio di credibilità
che vige nel manga in genere è un accordo convenzionale basato su
un pensiero maschile adulto. Ad esso le autrici di shojo manga oppongono
un concetto di credibilità il cui referente è uno spazio immaginario,
uterino, una sacca formatasi a ridosso di un mondo culturale dominato
da valori maschili. In questo spazio, l'esagerazione, lo squilibrio
a favore del sentimento, non mettono in crisi la verosimiglianza,
anzi diventano un elemento di coesione del tessuto narrativo.
Quando critica e pubblico in coro hanno riconosciuto il rapporto tra
alcuni dei libri più venduti in Giappone negli ultimi anni, "Kitchen"
e "Tsugumi" (1989) della Yoshimoto e "Noruwei no mori"
(La foresta della Norvegia) di Haruki Murakami [...] e il manga per
ragazze, questo genere, fino ad allora ignorato, se non da rari sociologi,
nonstante le sue tirature astronomiche, è balzato di colpo all'attenzione
della stampa, della critica letteraria e in genere di tutti coloro
che l'avevano sempre liquidato come un fenomeno di subcultura.
Molti hanno avuto così la sorpresa di accorgersi che lo shojo manga,
nato come una forma di intrattenimento convenzionale ed edulcorato,
si era evoluto in un genere narrativo sofisticato e complesso e che,
nell'indifferenza generale si era formata una cultura sommersa che
dai manga si irradiava nella letteratura, nel cinema e nella moda.
La fortuna del manga per ragazze era cominciata negli anni cinquanta.
All'inizio gli autori erano quasi sempre uomini, ma a metà degli anni
sessanta la situazione si era completamente invertita ed oggi ci sono
addirittura disegnatori costretti ad assumere uno pseudonimo femminile
per essere accettati dalle lettrici.
Il primo shojo manga raccontava nella maggior parte dei casi una realtà
idealizzata attraverso immagini stereotipate. I soggetti erano storie
di amori platonici di fanciulle ricciolute e infiocchettate perse
d'amore per giovani professori inflessibili, per cavalieri senza macchia
e misteriosi principi, tutti belli e tutti stranamente riluttanti.
Questa tendenza del manga per ragazze persiste soprattutto nelle riviste
dedicate alle più giovani, protetta dalla politica conservatrice delle
redazioni che impongono alle autrici regole precise non solo nella
trama ma che nel disegno: gli occhi delle fanciulle che vi appaiono,
per esempio, devono avere una grandezza prescritta, ipertrofica, che
occupa quasi la metà della superficie del viso a suggerire uno stato
di sognante attesa e perpetua sorpresa.
Ma accanto a questo tipo più convenzionale, a partire dagli anni settanta,
si è sviluppato un altro genere di manga per ragazze di notevole audacia
stilistica. A rappresentare il momento di passaggio tra i due genere
è "Berusayu no bara (La Rosa di Versailles) di Riyoko Ikeda,
del 1974, che pur conservando qualcosa del sentimentalismo e della
banalità dominanti in quel periodo, introduceva elementi innovativi.
Protagonista del manga, ambientato alla corte di Luigi XVI al tempo
della rivoluzione francese, è una giovane donna costretta fin da bambina
ad assumere un ruolo maschile, le cui vicende si intrecciano con quelle
di Maria Antonietta. In questa storia che fu accolta con un successo
senza precedenti e la cui versione a cartoni animati imperversò per
anni in tivù anche da noi col titolo di "Lady Oscar", appaiono
già le caratteristiche che si svilupperanno in seguito in modo più
estremo in molti shojo manga; un'accuratezza maniacale nella ricostruzione
del décor di epoche passate, insieme ad una gran disinvoltura nel
trattamento delle fonti storiche, l'indifferenza per la logica fino
a ridurre la trama ad un circuito di emotività allo stato puro che
si avvicina all'astrazione, e il motivo dell'ambigiutà sessuale. La
girandola di tragici amori in cui si consuma la breve vita dell'eroina
de " La Rosa di Versailles" ruota tutt'intorno all'equivoco
sull'identità sessuale, con giochi di travestimenti e scambi di ruolo.
[...] Nel corso degli anni settanta l'elemento di ambiguità sessuale
che appariva ne "La Rosa di Versailles" viene sviluppato
e portato a manifestazioni molto più estreme in altre storie a fumetti.
Il tema dell'omosessualità maschile comincia a diventare un elemento
sempre più importante del manga per ragazze e della sua cultura, mentre
l'atmosfera innocente e trasognata assume toni sinistri e qui e là
appaiono sfumature sadomasochiste. Una rivista assai popolare, il
cui target sono le ragazzine, è "June", interamente dedicata
a storie di amori omosessuali. Il tema della passione amorosa, presentato
nella sua potenziale carica distruttiva ma distanziato nella zona
di sicurezza dell'omosessualità maschile, insieme ad una rappresentazione
grafica raffinata ed estetizzante, è la combinazione che, col fascino
di un incendio visto da lontano, più sembra attrarre le ragazze in
Giappone. ""
(Giorgio Amitrano, dalla Postfazione di "Kitchen" di Banana
Yoshimoto, Feltrinelli, 1996)
Per concludere un tema fondamentale è quello della ridefinizione
dei ruoli maschile e femminile; a questo proposito il critico Masashi
Miura
osserva: " In Giappone il sistema fondato su una contrapposizione
frontale tra i sessi sta crollando insieme ai miti della virilità
e della debolezza femminile. E' naturale che lo shojo manga sia un
punto di vista vantaggioso per descrivere questo crollo..."
Tratto da http://come.to/cartoni
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